Il monte Bove Nord e Croce del Bove

Sul versante più a Nord dei Sibillini
La prima neve, poca, dentro e sopra il bellissimo valone del Bove; abbiamo rinunciato al classico anello di cresta perchè la neve ci ha rallentato, ma lo spettacolo che abbiamo potuto godere dalla cime del Bove Nord è stato oggi incoparabile. L'accoppiata Berro e Pizzo della Priora erano oggi elettrizzanti.


La prima cosa che devo fare è ammenda perché questa escursione non s’aveva da fare, non lo sapevamo, conoscevamo altre regole legate alla riproduzione dei camosci nel periodo primaverile ed estivo e non sapevo che il blocco del settore riguardasse anche l’inverno; di ritorno abbiamo notato il piccolo cartello che segnalava il divieto di accesso alla valle del Bove, dove tra l’altro non c’è espressione del periodo quindi devo pensare che sia definitivo e imperituro. La legge non ammette ignoranza, a mia discolpa a parte la difficoltà per reperire le norme aggiornate c’è solo il formato del cartello di divieto, un 10x15 cm, lì da una parte che ad onor del vero lascia un po’ il tempo che trova. Ormai è fatta, toglieremo questo bel percorso dalle nostre carte per il futuro anche se è un vero peccato perché l’ambiente è meraviglioso e … chiaramente di camosci manco l’ombra, ma questo è un dettaglio, magari averne incontrati. L’unica presenza che abbiamo avuto modo di osservare una lepre col suo manto chiaro che è scappata quando eravamo ancora molto lontani. Abbiamo imboccato il sentiero che parte alla sinistra del vecchio e diruto albergo Felicita di Frontignano. Una ampia sterrata che senza grossi dislivelli taglia il versante verso Est per poco più di un chilometro prima di imboccare virando a destra la salita che annuncia il vallone del Bove; il sentiero quando lascia il traverso scorre sopra un argine artificiale del fosso che scende dal vallone, poi si inoltra nella valle che si fa stretta e ripida sotto il torrione roccioso che sulla sinistra forma l’ultima propaggine della Croce del Bove. Tra bassa e rada boscaglia, qualche tornante, dopo meno di un chilometro e aver superato 300m. di dislivello il sentiero spiana, lentamente si entra nell’ampio vallone del Bove, ambiente stupendo, ancora in ombra, circondato dalla cresta che gli gira tutto attorno che con le cime della Croce del Bove, il Bove Sud, quello Nord ed il Bicco viaggia sopra e intorno i 2000m. ed è uno dei tanti percorsi superbi dei Sibillini. Da quando ci si stacca dal traverso inizia a comparire la neve, nella parte bassa del vallone non supera i 10cm, è consistente, sprofonda un po’ ma si cammina bene, più in alto, dove il sole incide per più tempo ampie sono le zone scoperte, solo sotto il versante del Bove Sud e del Bicco, che rimane nelle ombre invernali del Nord, gli accumuli sembrano più consistenti e ghiacciati. A terra ci sono tracce di chi qualche giorno ci ha preceduto, per alcuni momenti le seguiamo per altri preferiamo seguire linee più logiche e morbide a superare i bassi rilievi che formano il vallone; una volta entrati definitivamente nel vallone individuiamo le linee che dovrebbero corrispondere alla traccia estiva, sulla sinistra un lungo traverso sale verso Croce del Bove, è appena coperto da neve, sarebbe meglio dire che affiora dalla neve ed è ben intuibile; per le docili dorsali che formano i tanti avvallamenti che compongono il grande catino saliamo con gradualità verso Est cercando il modo di avvicinarci alla traccia individuata e soprattutto quello di uscire il prima possibile al sole. Come usciamo dall’ombra troviamo anche lungi pezzi di terreno privi di neve, ci scaldiamo subito e agevolmente raggiungiamo quella che ci sembra l’inizio della traccia che avevamo individuato; in effetti si tratta del sentiero e non rimane che seguirlo, anche se frequenti sono le soste per goderci il panorama che si va allargando ad ogni passo e gustarci la felicità di ritrovarsi in montagna. Il sole brilla sopra il Bove Sud, il vallone è ancora parzialmente in ombra, i boschi cingono il Bicco e la sua crestina rocciosa, le piste di Frontignano, innevate ma non ancora abbastanza per essere aperte, e il Cardosa, sbuca dalle nuvole con la sua massiccia cuspide di vetta, e l’orizzonte che si allunga sugli Appennini spogli da neve verso Ovest, sopra l’imbocco del vallone, un gran bello spettacolo, che per quanto già visto oggi ci è sembrato quasi nuovo. Sulla traccia solo in pochi tratti troviamo cumuli nevosi che ci fanno un po’ faticare, ma raggiungiamo la cresta senza troppi problemi, poco sotto la selletta che anticipa Croce del Bove (+3,40 ore). La selletta che si apre in cresta spalanca la voragine sulla valle di Panico, e sul versante del monte Rotondo, la vetta della Croce del Bove è ad una cinquantina di metri, molte roccette complicano un po’ la vita dal momento che la neve è poca, mi incammino a supero la prima delle due sommità ma non vado oltre, tira vento e non voglio lasciare Marina a congelarsi mentre mi aspetta; scendo facilmente e ci incamminiamo verso il Bove Nord, non ricordavo il notevole dislivello che divideva queste due cime, più di 200m. La cresta è quasi spoglia dalla neve, ci teniamo a debita distanza dal ciglio del versante che precipita ad est e procediamo senza difficoltà; grandi panorami si allargano ad est quando superiamo la sella, il paese di Calcara nella val Panico si crogiola al sole, il versante del Rotondo è possente, impressionante il fosso la Foce che taglia la parete e scende incassato tra possenti contrafforti, intuibili le linee del sentiero della cengia dei Fiumarelli che lo attraversa e taglia il ripidissimo versante, un gran bel panorama. Oltre l’ampia sella un piccolo gendarme roccioso da un po’ di scossa, banali salti rocciosi con la poca neve instabile vanno preso con prudenza, una volta superato non rimane che la lunga monotona salita del panettone che si profila fino alle linee di vetta. Bello l’imbuto che scende sulla sinistra e che si infila proprio sulla parete Nord del Bove, dovrebbe essere il regno dei camosci ma di questi ungulati manco l’ombra. Sbattuti dal vento la salita è monotona e fredda, non riusciamo a proteggerci più di tanto se non provando a salire il più possibile rimanendo dentro il versante che aggetta sul vallone. Raggiungiamo l’anticima del Bove Nord, rimaniamo a bocca aperta per il panorama che si spalanca davanti. Il Berro imbiancato si apre di fonte, la sua crestina rocciosa è come un pettine che ne delimita la linea, dietro lo spigolo del Priora, sale netto e pulito. Ripido, in ombra e innevato il versante Nord, l’effetto stau su quello a Sud Est lo ha saturato di nubi fino alla linea di cresta, contrasti netti e potenti che richiamano immagini di montagne molto più alte, contrasti forti che col cielo blu pervinca contribuiscono a creare una fotografia indimenticabile. Che poi gli orizzonti si allunghino fino alle linee del Bove Sud, fino a cima Vallelunga e Cannafusto parzialmente perse nelle nubi sono dettagli che aggiungono bello ma il Berro ed i Priora oggi, in queste condizioni e da questa angolazione rimarranno indimenticabili, perfetti. La vetta è vicina, qualche accumulo di neve più alto poco sotto la cima e siamo sopra, le prospettive si fanno ancora più importanti e direi infinite, la valle di Panico da altezza ai versanti, la dorsale si allunga, ora infila il Croce del Rotondo, il monte Rotondo, il Pizzo Tre Vescovi, il Berro e il Priora, e poi l’orizzonte continua col Bove Sud fino alla cima Vallinfante. Ovvio siamo riusciti completamente al vento ed è talmente freddo che dobbiamo necessariamente limitare la permanenza; il tempo di fotografarci e fotografare questo paradiso e riprendiamo a scendere per il rientro, abbandoniamo l’idea dell’anello fino al Bove Sud, per un tratto seguiamo la cresta e poi ci buttiamo dentro il vallone dove riprendiamo temperatura una volta protetti dal vento. Un vero peccato perdere quelle montagne e quelle linee così intriganti ma l’inverno è anche questo, delle toccate e fughe che alla fine rendono ancora più preziosi certi momenti. Come al solito scendiamo per le linee più logiche, tagliando i pendii, sfruttando ogni piccola dorsale che si ricongiunga ad una più bassa fino a chiudere l’anello che ci siamo costruiti alle quote più alte; ritroviamo le nostre tracce e anche se la via di rientro è inevitabilmente la stessa dell’andata, le ricalchiamo; qualche problema nel tratto più ripido del vallone perché si scivola ma è solo questione di tornare sul traverso e nuovo al Felicita (+2,10 ore). Una giornata stupenda, poco più di 1000 i metri di dislivello superati, meno di 10 i chilometri percorsi, soprattutto delle viste davvero mozzafiato, incantevoli.